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Eliminare le paste d’argento dalle celle dei pannelli fotovoltaici e abbattere così costi e emissioni di CO2 in fase di costruzione. È l’ambizioso obiettivo della ricerca tecnologica che un’azienda italiana – spin-off dell’Università Sapienza di Roma – sta perseguendo da un decennio. Ora è arrivato il riconoscimento dell’European Innovation Council, che ha finanziato il progetto con otto milioni di euro.
La sostituzione dell’argento dal processo di fabbricazione delle celle fotovoltaiche – cuore dei pannelli solari – con un altro metallo conduttore (il rame), riduce il costo di produzione dei pannelli di almeno il 30% e abbatte il carbon footprint del 90%. La Commissione europea ha selezionato il progetto iSplash – industrial Selective PLAting for Solar Heterojunction – della Rise Technology Srl, tra i 74 beneficiari dell’European Innovation Council Accelerator first cut-off 2022 dedicato a start-up e pmi europee ad alto potenziale tecnologico. La società – presieduta da Marco Balucani, professore associato del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, elettronica e telecomunicazioni alla Sapienza – è l’unica pmi italiana a essere stata selezionata e ha superato la concorrenza di oltre mille imprese europee.
Ma qual è la novità della sperimentazione, che, anche grazie a questo finanziamento, potrà essere industrializzata entro la prossima primavera? Le celle solari sono i mattoncini che compongono un pannello fotovoltaico e l’argento è necessario per realizzare i contatti elettrici e raccogliere l’energia prodotta dai pannelli. Il costo dell’argento, però, si aggira attorno agli 800 euro per chilogrammo e per produrne un chilo si emettono in atmosfera più di 540 kg di CO2 equivalente. Inoltre, Cina e Russia detengono circa il 18% del mercato mondiale del prezioso metallo. “Grazie alla nostra tecnologia – spiega Balucani – siamo in grado di sostituire l’argento con il rame. Il costo del rame è quasi un centesimo e anche la carbon footprint è infinitamente più bassa: meno di 5 chili di CO2 equivalente”.
Fino ad oggi non si è usato il rame perché le tecniche tradizionali per applicarlo sono molto costose. Le paste sono realizzate con nanomateriali, il rame si ossida facilmente e deve essere protetto con l’argento, dunque si vanifica il risparmio. In alternativa sono stati sperimentati processi galvanici, usando enormi vasche con soluzioni chimiche per depositare questi metalli. Anche in questo caso, costi alti e scarsa appetibilità industriale.
“Noi, invece, ci siamo inventati un modo di applicazione con micro-pipette – continua il fondatore di Rise Technology – con le quali riusciamo a posizionare il liquido di rame in modo molto preciso. Ci sono voluti dieci anni di ricerca, ma ora il processo è validato a livello europeo e ci ha consentito di ottenere il finanziamento”. La piccola srl sta proponendo a Enel la possibilità di utilizzare in esclusiva questa tecnologia, che dovrebbe essere già disponibile a marzo-aprile 2023. “Coi fondi europei stiamo realizzando il primo prototipo industriale, per produrre una quantità di celle per una potenza di almeno 150 MW”, assicura Marco Balucani che in questi giorni sta inoltrando alla Sapienza una richiesta di aspettativa di 5 anni dall’insegnamento universitario, per dedicarsi a tempo pieno al progetto. Tornerà a fare il professore solo quando iSplash avrà compiuto per intero il suo tuffo verso il sole, per produrre energia ancor più sostenibile.
L’innovazione tecnologica è coperta da un brevetto concesso e depositato in Usa, Europa, Cina e Taiwan e altri tre brevetti saranno depositati a breve, per garantire una copertura più completa al processo industriale.
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